Il “Corrupted Blood” incident
Mai come nell’ultimo anno, la popolazione mondiale ha avuto modo di conoscere gli effetti sull’economia e sulla vita sociale generati da una pandemia, con un virus che velocemente si è propagato per tutto il globo sconvolgendo le vite e le abitudini dei cittadini di ogni nazione.
Forse non tutti sanno che un evento catastrofico simile si è sviluppato nel 2005 anche nel mondo virtuale dei videogiochi.
In quell’anno, World of Warcraft, il celebre videogioco della Blizzard, uscito nel 2004 e che ancora oggi conta milioni di giocatori (con picco di 13 milioni del 2010), fu colpito da una pandemia che costrinse i suoi player a modificare drasticamente la loro esperienza videoulica per evitare di contrarre un “virus” che mieteva vittime tra Avatar.
Pandemia virtuale
La malattia era stata provocata dall’introduzione nel sistema di un nuovo “Raid”, un evento di gioco al quale si può accedere in comitiva multiplayer, chiamato Zul’Gurub ed il cui boss finale, chiamato Hakkar, aveva il potere di infliggere ad un giocatore che lo stava attaccando un “debuff”, facendogli perdere parecchi punti vita.
Questo effetto negativo aveva la particolarità di potersi trasmettere per prossimità agli altri giocatori del party, ma avrebbe dovuti esser circoscritto all’interno del Raid stesso. A causa di un bug di programmazione, questo non avvenne e fece ammalare anche i Companion dei giocatori presenti (animali, per la classe cacciatori, e demoni per quella degli Stregoni) che partecipavano allo scontro con Hakkar che, usciti dalla battaglia, diffusero la malattia anche all’esterno dell’evento.
Il Debuff di Hakkar era stata progettato per togliere un bel po’ di punti vita ai giocatori di livello più alto, che quindi (se infettati) dovettero convivere con una barra della salute notevolmente ridotta; ma a fare davvero le spese di questa pandemia informatica furono invece i giocatori di livello più basso, che se colpiti dalla malattia rischiavano addirittura di morire in continuazione, in un loop infinito, che gli impediva di partecipare al gioco morendo non appena messo piede sui terreni di gioco, lasciando le città piene degli scheletri dei personaggi morti.
Le reazioni dei giocatori a questa pandemia sono state considerate all’epoca da alcuni gruppi di studiosi potenzialmente simili a quelle cui si potrebbe assistere nel mondo reale, in una sorta di lotta per la sopravvivenza alla Mad Max. Alcuni giocatori sani hanno infatti cercato di allontanarsi dalle aree più popolose, come le città, rifugiandosi in zone remote e lontane dal propagarsi del virus. Altri con la classe “Curatori” si misero al servizio della comunità guarendo i soggetti infetti, ed altri ancora, al contrario, si sono divertiti incoraggiando la diffusione del virus e traendo vantaggio dalla situazione, in un dejavu che ricorda la storia raccontata della saga di Ken il Guerrriero, con Toki intento nella cura della popolazione ed i predoni a trarre profitto dalla popolazione impotente, nonché la realtà più recente.
Blizzard suggerì ai giocatori di mettersi in una sorta di quarantena volontaria fintantochè non avesse posto rimedio al problema, diverse patch dopo. Consiglio, nemmeno a dirlo, rimasto inascoltato.
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